Il mio primo Shakespeare. Alberto Gozzi, Lidia Ravera

Si sono celebrati ieri i 400 anni dalla morte di William Shakespeare. Il Bardo ha modificato il modo di percepire i sentimenti, anticipato discipline del pensiero, creato personaggi topici. Sei autori (Nicola Fano, curatore del progetto, Alberto Gozzi, Donatella Musso, Sergi Pierattini, Lidia Ravera, Lia Tomatis), in un progetto firmato TPE, hanno composto altrettanti spettacoli teatrali immaginando il destino dei suoi tanti eroi dopo che cala il sipario. Questa sera, dalle ore 19, si svolgerà il secondo e ultimo appuntamento con la Maratona After Shakespeare, tre mise-en-espace dedicate al Bardo approdano nella suggestiva cornice del Circolo dei Lettori.
Alberto Gozzi e Lidia Ravera, le cui pièce Puck e L’allodola e Salvate Desdemona, insieme a A Losing suit di Sergio Pierattini, sono in scena questa sera dalla 19 al Circolo dei Lettori, ci hanno regalato un ricordo del loro primo Shakespeare:

IL MIO PRIMO SHAKESPEARE di Alberto Gozzi
Il teatro erano i burattini, cinque o sei teste di legnaccio escoriato, e non poteva essere altrimenti, con le craniate che si scambiavano – perché la mia drammaturgia, come tutte quelle dei bambini, era essenziale, tipo: entra A, poniamo Fagiolino (maschera bolognese sottoproletaria, con un sorriso etrusco ma più sul demente che sull’indecifrabile), che incontra B (poniamo il Diavolo, quasi sempre lui): «Ah, sei tu!», «Ah, sei tu!»: si bastonano a sangue. Col tempo, quei burattini avevano finito per metter su delle facce da galeotti più impegnati nella lotta per la sopravvivenza che nell’arte scenica. Anche le donne: una ragazzotta (forse una Rosaura) era guercia; un’altra, che se la tirava a regina o almeno a dama di corte, aveva sacrificato alla carriera mezzo naso; un terzo individuo femminile evidenziava due labbroni protuberanti e violacei; forse erano stati rossi come ciliegie da mangiare di baci ma all’epoca ricordavano le foto segnaletiche di quelle sventurate donne che i protettori punivano quando non raggiungevano l’incasso minimo quotidiano. Non diversamente dalle anime semplici e da alcuni critici che, poco agili nel passaggio dal particolare all’universale, non distinguono lo spettacolo a cui stanno assistendo da un più ampio concetto di teatro, nella mia prima infanzia finivo per identificare l’arte scenica con quella discarica di teste di legno che facevo ferocemente scontrare.
L’attore, inteso come organismo integro e autonomo, si rivelò quando avevo sei anni, sotto un tendone montato da una compagnia di girovaghi che sarebbero piaciuti a Fellini, allora ventottenne. Nel cielo della serata estiva, l’azzurro si ostinava a non morire, anzi filtrava fra le panche della platea per risalire poi fino al palcoscenico dove andava a lambire il corpo di una donna avvolta e insieme svelata da un capo d’abbigliamento che nella mia ingenuità avrei definito una camicia da notte, bianca, vaporosa, per nulla paragonabile a quelle delle donne di casa, così spesse e amorfe. La donna si accompagnava, chissà perchè, con un uomo cattivo e nero quasi quanto la sua barba, che alla fine la uccideva in un rallenty ricco di particolari insostenibili per un bambino; quell’esito mi sembrò tanto più raccapricciante in quanto generato dall’ottusità di lui, proprio come lo erano certe punizioni immotivate dei genitori. Ma lo sgomento maggiore non derivava dall’efferatezza della scena, bensì dalla contraddizione, di cui mi sentivo prigioniero per sempre, fra l’orrore e il senso di colpevole appagamento che esso aveva generato in me.
Solo dopo un lasso di tempo indistinto potei ricostruire che quelle due figure senza nome erano Desdemona e Otello

 

IL MIO PRIMO SHAKESPEARE di Lidia Ravera 

È stato proprio un Otello, il mio primo Shakespeare, per il tramite del signor Orson Wells. Non mi ricordo quanti anni avevo, ma dovevano essere davvero pochi. Così pochi da farmi provare un dolore intollerabile nell’assistere alla violenza contro Desdemona. è uno dei miei primi ricordi di ragazza. Desdemona inerme nel suo letto che subisce le macchinazioni e le menzogne, i giochi di potere fra maschi, la loro forza soverchiante. Il piccolo mondo maschile di Iago e Cassio, dei loro scatti di carriera, degli opportunismi e delle ambizioni che si riversa su una ragazza innamorata e fiduciosa, che aspetta il suo uomo. Fra le lenzuola della festa.
Avevo tredici anni? Quattordici? Ero in un cinema d’essai? Il film era uscito nel 1952, faticò a trovare una distribuzione, anche se era stato girato in Italia.
Io lo vidi nella seconda metà degli anni sessanta? Non ricordo i dettagli, seguivo la mia sorella maggiore sempre, era lei che mi portava a vedere i film “importanti”. Ma ricordo perfettamente il sentimento di ribellione. Io ti vendicherò, Desdemona! Io ti salverò.

Il mio primo Shakespeare. Paolo Bertinetti, una sera con James Dean

Paolo Bertinetti, professore ordinario di Letteratura inglese, studioso del teatro inglese, della narrativa inglese del Novecento e delle nuove letterature in inglese, che per Einaudi ha tradotto l’Amleto e La tempesta e ha curato l’edizione del Teatro completo di S. Beckett, ci ha regalato un ricordo del suo primo Shakespeare.
Siamo ormai prossimi al 23 aprile e alla celebrazione dei 400 anni dalla morte di William Shakespeare: il TPE ricorda il Bardo con la maratona After Shakespeare, il 23 e 24 aprile al Circolo dei Lettori.

 

Il mio primo Shakespeare è stato Amleto. Non a teatro, ma sulla pagina. Il libro me lo aveva regalato per Natale mio cugino, che aveva una ventina d’anni più di me e che era uomo di buone letture.  Il 31 dicembre 1957 andammo tutti al cinema a vedere  “Il gigante”. Io, pur essendo piccolino (non avevo ancora compiuto 14 anni), ero un fan di James Dean, che mi piaceva moltissimo per i suoi atteggiamenti da ribelle e avevo insistito molto perché si andasse a vedere quel film. Che naturalmente mi piacque molto. Quando tornammo a casa decisi che per concludere degnamente la serata, in attesa della mezzanotte, dovevo fare qualcosa di indiscutibile valore simbolico. Presi il volume, che ancora non avevo aperto, e cercai la pagina dove sapevo che c’era il monologo più famoso di tutto il teatro di Shakespeare (di tutto il teatro, in realtà). E lo declamai ad alta voce, come immaginavo che l’avrebbe potuto recitare James Dean.  Lo lessi in quella vecchia traduzione, che però, per quanto riguarda il primo verso, era quella giusta: “Essere o non essere: questo è il problema”. In tempi recenti qualche dotto studioso ha tradotto diversamente. Sbagliando.
Paolo Bertinetti

Dance macabre. 64 modi di morire (secondo Shakespeare)

Come muore Lady Macbeth? E come Cordelia nel King Lear? Quale il destino di Desdemona in Othello? Tutte le morti violente avvenute nelle tragedie di Shakespeare sono state racchiuse in un’infografica ideata da Cam Magee e Caitlin S. Griffin. Lo stile solletica memorie di pupazzetti tratti dal repertorio della rete, gli stessi che si usano per le toilette, i lavori stradali o le strisce pedonali, e sono un modo molto ironico per ricordare Shakespeare in occasione del 400° anniversario dalla sua dipartita. Tragedie a parte, anche un piccolo bonus, The Winter’s Tale: l’immagine della fuga di Antigono, inseguito dall’orso che lo sbranerà.
E, a proposito delle celebrazioni dedicate a Shakespeare, il 23 e 24 aprile dalle ore 19, al Circolo dei lettori va in scena la Maratona After Shakespeare, tutti e sei i capitoli del progetto firmato TPE dedicato al quarto centenario della morte del drammaturgo.
Il Bardo ha modificato il modo di percepire i sentimenti, anticipato discipline del pensiero, creato personaggi topici. Sei autori (Nicola Fano, curatore del progetto, Alberto Gozzi, Donatella Musso, Sergio Pierattini, Lidia Ravera, Lia Tomatis) hanno composto altrettanti spettacoli teatrali, immaginando il destino dei suoi eroi dopo che cala il sipario, l’effetto di Shakespeare sul mondo, al di là del teatro in senso stretto.
In scena al Circolo dei Lettori, sabato 23 aprile:
LA SIGNORA SHAKESPEARE di Nicola Fano
IL SOGNO DI BOTTOM di Lia Tomatis
LADY M di Donatella Musso

e domenica 24 aprile:
PUCK E L’ALLODOLA di Alberto Gozzi
SALVATE DESDEMONA di Lidia Ravera
A LOSING SUIT di Sergio Pierattini