Il mio primo Shakespeare. Paolo Bertinetti, una sera con James Dean

Paolo Bertinetti, professore ordinario di Letteratura inglese, studioso del teatro inglese, della narrativa inglese del Novecento e delle nuove letterature in inglese, che per Einaudi ha tradotto l’Amleto e La tempesta e ha curato l’edizione del Teatro completo di S. Beckett, ci ha regalato un ricordo del suo primo Shakespeare.
Siamo ormai prossimi al 23 aprile e alla celebrazione dei 400 anni dalla morte di William Shakespeare: il TPE ricorda il Bardo con la maratona After Shakespeare, il 23 e 24 aprile al Circolo dei Lettori.

 

Il mio primo Shakespeare è stato Amleto. Non a teatro, ma sulla pagina. Il libro me lo aveva regalato per Natale mio cugino, che aveva una ventina d’anni più di me e che era uomo di buone letture.  Il 31 dicembre 1957 andammo tutti al cinema a vedere  “Il gigante”. Io, pur essendo piccolino (non avevo ancora compiuto 14 anni), ero un fan di James Dean, che mi piaceva moltissimo per i suoi atteggiamenti da ribelle e avevo insistito molto perché si andasse a vedere quel film. Che naturalmente mi piacque molto. Quando tornammo a casa decisi che per concludere degnamente la serata, in attesa della mezzanotte, dovevo fare qualcosa di indiscutibile valore simbolico. Presi il volume, che ancora non avevo aperto, e cercai la pagina dove sapevo che c’era il monologo più famoso di tutto il teatro di Shakespeare (di tutto il teatro, in realtà). E lo declamai ad alta voce, come immaginavo che l’avrebbe potuto recitare James Dean.  Lo lessi in quella vecchia traduzione, che però, per quanto riguarda il primo verso, era quella giusta: “Essere o non essere: questo è il problema”. In tempi recenti qualche dotto studioso ha tradotto diversamente. Sbagliando.
Paolo Bertinetti